L’ultima ‘acabbadora’, la donna dal colpo mortale
Mentre il dibattito infiamma la società, soprattutto quella italiana, uno studioso ritiene che l’ultimo caso di quella sorta di eutanasia procurata dalla antichissima figura della ‘acabbadora’ risalirebbe al 2003.
A sostenerlo è Pier Giacomo Pala, direttore del Museo etnografico Galluras di Luras (Olbia-Tempio), dove è custodito l’unico esemplare ufficialmente riconosciuto di “maltheddu”, il rudimentale utensile con il quale la “acabbadora” assestava un solo, letale colpo al malato terminale provocandone la morte. continua
L’episodio è stato raccolto da Pala soltanto una quindicina di giorni fa, in tempo per riportarlo nel suo ultimo libro, che sarà pubblicato tra circa un mese. La “acabbadora” in questione avrebbe avuto all’ epoca tra gli 80 e gli 85 anni ed avrebbe operato nel centro della Sardegna. Prima di questo, l’ultimo episodio documentato risale al 1952 a Orgosolo e, prima ancora, al 1929. “La ‘acabbadora’ – spiega Pala – è una figura di donna in parte temuta, come fosse una strega, in parte rispettata, per il potere che aveva di dare e togliere la vita. Spesso, infatti, la ‘acabbadora’ era anche una levatrice”. Formatasi in epoche antichissime, la figura della “acabbadora” veniva chiamata in occasione di malattie terminali o comunque di malati affetti da patologie senza soluzione medica o farmacologica soggetti a forti sofferenze. “Dopo un particolare rito detto del ‘giogo’ che stabiliva le cause naturali della patologia – illustra Pala – la famiglia del moribondo chiamava la ‘femina’, sempre anziana. Questa faceva uscire tutti dalla stanza per restare sola con il malato e, accertatasi personalmente delle condizioni, per alleviare le sofferenze di questi lo colpiva una sola volta alla testa col ‘maltheddu’ “. La pratica affonda le sue radici in comunità fortemente rurali della Sardegna ed era vista – e lo è in parte ancora oggi – come la possibilità di porre fine alle sofferenze di una persona comunque condannata a morire, e “non è mai stata interpretata come un omicidio”, indica lo studioso. Il compito era svolto da una donna per varie ragioni: perché sull’isola vigeva il matriarcato e perché tutto quanto accadeva all’interno delle case era di competenza delle donne, gli uomini uscivano per lavorare e consegnava il reddito alle donne che lo amministravano.
(di Francesco De Filippo)
fonte www.ansa.it